A BARBER

I

 

BIOGRAFIA

Una casetta a un piano, un cortile ingombro di “cose e colori” nascosto alla vista dei passanti dalle “cannelle” lungo la recinzione.
Chi volesse incontrare Antonio Barberi, lo può trovare qui, nel suo studio, a Forte dei Marmi. Oltrepassare il cancello, sempre aperto per gli amici come anche per chi volesse semplicemente curiosare, vuol dire ritrovarsi all’improvviso catapultati nel suo magico mondo: i quadri ricoprono le pareti, ceramiche che spuntano da ogni angolo, mobili pronti per essere decorati, e cataloghi vecchi e nuovi, riviste con le “sue case” pubblicate…


Quello che da subito colpisce è il colore: prove sulle pareti, sul tavolino e sulle sedie, sui mobili, sui gradini, e colore che dai quadri “tinge” la luce di questo posto. Un’esplosione cromatica che avvolge e affascina, si respira nell’aria, travolge i sensi.

Antonio Barberi nel 1962

Barberi nel 1962

Antonio Barberi nel 1969

Barberi nel 1969

Ugo Guidi con Antonio Barberi

Barberi con Ugo Guidi

Antonio Barberi, nato a Forte dei Marmi , in mezzo alle vernici ci è cresciuto. Il padre le preparava nel retrobottega del colorificio che, giorno dopo giorno, è diventato la sua scuola! Il negozio è frequentato dai più importanti artisti dell’epoca che  vevano scelto la cittadina versiliese come luogo di villeggiatura.


Così Ugo Guidi scrive in un catalogo dei primi anni ’70: 

“Antonio Barberi, chi non lo conosce? 

Gli artisti più noti, i pittori che hanno scelto questa meravigliosa spiaggia di Forte dei Marmi come sede per le loro vacanze, tutti conoscono Antonio Barberi e non mancano         di passare dalla sua bottega di colori, tele, vernici, perché, oltre a rifornirsi di materiali, sanno di incontrare un amico, un collega,  uno di loro.”


“Scoperta” già alla fine dell’Ottocento da artisti tedeschi come Boeklin e Von Mareès, Forte dei Marmi negli anni Trenta è un importante crocevia per i rappresentanti della cultura italiana. Carrà e Dazzi, Carena e Magnelli, Soffici e Gentile, e naturalmente Pea e Viani, versiliesi di nascita, sono tra i primi a ritrovarsi la sera al Caffè Roma.


Negli anni successivi il tavolino all’ombra del Quarto Platano è luogo d’incontro di artisti e letterati. Ogni estate al gruppo originario si uniscono nuovi amici, pittori, scultori, poeti. Almeno tre generazioni di artisti nell’arco di mezzo secolo si ritrovano al tranquillo caffè sulla piazza del Forte. 


In questo clima Antonio Barberi fa il suo ingresso nel mondo della pittura. Le sue prime “prove” d’artista sono degli anni ’60.

“... I pittori che conoscevo mi dicevano: ‘Antonio devi essere disciplinato, devi disegnare e disegnare. 

La pittura è come la musica: bisogna imparare il solfeggio e poi esercitarsi con le scale, all’infinito…’.

Io invece mi esercitavo poco, ma facevo grandi esperimenticon inchiostri, colori. I miei primi quadri erano da dilettante…

Un giorno presi un cartone telato, lo squadrai per ottenere tanti rombetti e piccoli quadrati. Con un pennellino li riempii e
venne fuori il quadro “a mosaico”: il limone era fatto di tanti quadratini colorati con gialli diversi. In questo modo riuscivo a rendere sulla tela il mio modo di vedere il mondo. Qualcuno considerò originale questo stile, e così, ho vinto i primi premi…”

La prima personale è a Forte dei Marmi nella “Galleria del Forte” ed è anche il primo catalogo di Barberi.


Lo presenta il pittore Nino Tirinnanzi scrivendo: 

“Di Antonio Barberi è bene dichiarare l’origine di libero autodidatta. (…) 

Antonio Barberi si è accinto al suo lavoro con il caparbio fervore di certi fanciulli che una volta, piovutogli tra le mani un meccano, ne vogliano ricavare mille meraviglie.
Infatti Barberi costruendo i suoi quadri a piccole tessere se li vede nascere pezzetto a pezzetto…”


Alla fine degli anni Sessanta scompaiono i caffè letterari insieme ad alcuni protagonisti del gruppo degli artisti come Soffici, Carrà e Dazzi. Antonio cerca di tenere vivo quel mondo e realizza la sua idea di offrire ai pittori un punto di riferimento alternativo.

“Avevo ancora il negozio di colori - racconta,  ma si erano liberate le due stanzette dove si facevano le vernici perché avevamo aperto un colorificio appena fuori Forte. Così mi dissi: perché nonfare una galleria? Lo proposi a Maccari e lui fu subito entusiasta.

Forse aveva in mano un ombrello, di quelli verdi di tela da pescatore, mi disse: ‘Chiamala Ombrello Verde’.

Quando c’è una mostra metti fuori un ombrello verde aperto!’ E così feci. Nella stanza in fondo c’era una bella luce e lì facemmo le prime mostre.

Erano eventi semplici: all’inaugurazione venivano gli amici, si mangiava pane e mortadella accompagnati da un bicchiere di vino…”.

Negli anni dal ’70 al ’72 nel retrobottega del negozio di colori hanno esposto Maccari, Tirinnanzi, Funi, Mirco, Treccani, Guidi, Puliti, Cassinari, Bueno, Gabrielli, Bresciani, Macarone, Lazzaro, Capocchini, Ruggero Savinio, Coluccini, Dova, Marini, Migneco oltre naturalmente allo stesso Barberi.


Con l’“Ombrello verde” sono entrati in contatto Guttuso, Virgilio, Guidi, Zancanaro, Brindisi, Saetti, Rudi Wach, Cascella e Henry Moore. Sono state allestite mostre con quadri di Carrà, Soffici, Rosai, Carena, Cagli, De Grada.

Antonio Barberi con Mino Maccari

Barberi con Mino Maccari

Barberi,Maccari,Bresciani,Puliti

Da sinistra Bresciani, Barberi, Maccari , Guidi e Puliti

Antonio Barberi con Ernesto Treccani

Barberi ed Ernesto Treccani

Antonio Barberi con Tono Zancanaro

Tono Zancanaro e Barberi

“I primi a esporre, - ricorda Barberi - mi donarono un’opera con raffigurato l’Ombrello Verde. Ci si sedeva sui barattoli di vernice e, rilassati, si discuteva. Quel clima ha alimentato la mia passione per la pittura…” L’incontro con Ernesto Treccani è di quegli anni. Le ore passate nello studio del maestro a guardarlo dipingere, oltre a contribuire all’esperienza di Barberi, fanno nascere tra i due pittori una profonda amicizia.


Treccani, per una mostra a Verona alla fine degli anni Settanta, scrive:


“Mi è difficile distinguere nella memoria il volto o il modo di fare di Antonio dalla sua pittura. 

Mi è difficile immaginare Antonio Barberi fuori dal verde di Forte, dai chiari colori delle Apuane, ai rosati e azzurrini della sabbia e del mare; in un certo senso nei quadri che faccio al Forte ritrovo la presenza dell’amico e del collaboratore…”


È Treccani, insieme con Tirinnanzi, Migneco, Guidi e Bueno a segnalare il giovane Barberi per una personale nell’ambito di “Presenze”, la mostra di Montignoso del 1972. La pittura di Barberi inizia a cambiare, il mosaico si allarga, i soggetti si fanno più astratti.


“Mi dicevano: ‘Sei l’unico che si distingue’ - i pittori della zona infatti erano influenzati da Carrà, da Soffici, da Rosai - perché hai smesso con i mosaici?’. Il mosaico mi aveva dato tante soddisfazioni e un grande slancio, ma quando uno dipinge non è mai soddisfatto di quello che fa. Un giorno, un pittore mi disse: ‘Vedi, gli antichi avevano questa preziosità nei volti, nei tessuti perché per fare un rosa si può mescolare il bianco con il rosso. Però dipingendo il bianco e coprendolo poi con il rosso si ottiene sempre un rosa ma per sfumatura e non per impasto.’ Quel tipo di pittura antica mi affascinò e cominciai a dipingere usando un colore sopra l’altro. Così dipingevo e sfumavo, colori diluiti, trasparenti, tamponavo e sfumavo…”

Antonio Barberi dipinto 1960

E Antonio Bueno, per la presentazione della mostra di Barberi alla Galleria “The American Club of Ticino” di Lugano, scrive: 

“Per i pittori che hanno seguito fin dall’inizio il lavoro di Antonio Barberi, l’evoluzione della sua pittura ha costituito            indubbiamente una sorpresa. Dalle prime stesure, semplici giustapposizioni di pennellate staccate con effetti            analoghi a quelli del mosaico e dall’impostazione dell’immagine ancora naturalistica, egli è giunto a poco a poco            a una pittura carica di umori, di segreti, di allusioni.
Colori e materia appaiono adesso estremamente raffinati, pur nella loro esuberanza e il disegno, anch’esso fattosi estroso, è pieno di mistero, di ermetici stupori, di astratta poesia…”


In una lettera ad Antonio, Bueno gli chiede la fotografia di un suo quadro da inserire nel catalogo:

“… Ricordo una figura di donna da te esposta quest’estate nella parete di fronte all’entrata…”. In quegli anni compaiono infatti le prime “figure”, le donne soprattutto, ancora oggi parte integrante della sua pittura insieme agli animali, i gufi, gli uccellini e i fiori.
“La donna perché ha tante espressioni, il cappello, il vestito, i gioielli e poi il colore dei capelli, bionda, mora… Poi creo tanti animali, li trovo fantasiosi, un occhio più lungo, una ruga, una coda… Sono ironici, sono espressivi perché sono vivi. È quasi come se si creassero da soli. Parto sempre da forme astratte e poi, in un segno, mi appare un animale, in un altro una figura, e sono sempre esplosioni di colore…”

Gli anni Settanta sono contrassegnati dalle mostre di Forte dei Marmi, Lido di Camaiore, Montignoso che, nel 1974 con “Presenze”, “impone con forza l’artista Barberi all’attenzione dei critici e dei colleghi più anziani e famosi” (L’Unità 18 agosto 1974).


Anche lo scultore Henry Moore visita la mostra “Presenze” e sulle pagine della Nazione si legge: “Moore si è soffermato a lungo nella sala dove sono esposte le opere del giovane pittore Antonio Barberi per il quale ha avuto parole di elogio soprattutto per la monumentalità e la bellezza materica (sono parole di Moore) delle opere”.

Antonio Barberi con Henry Moore

Henry Moore e Barberi

Antonio Barberi con Giuseppe Migneco

Barberi con Giuseppe Migneco

Antonio Barberi con Antonio Bueno

Antonio Bueno e Barberi

Antonio Barberi sulla Rivista "London Portait"

La Rivista London Portrait Magazine

Gianni Dova e Antonio Barberi

Gianni Dova e Barberi

Nel 1976 espone all’Azienda di Turismo di Marina di Massa con Bueno, Treccani, Liberatore, Possenti e Maccari. Sempre nel ’76 è a Firenze per la collettiva “100 opere selezionate di artisti italiani”.
Nel 1977 l’Azienda di Turismo di Marina di Massa allestisce una mostra con sessanta opere di Barberi eseguite dal 1960 al 1977, la presentazione è di Raffaele de Grada

Nel 1978, oltre a Massa e a Marina di Massa è a Roma e Verona. Alla fine degli anni Settanta espone al circolo “Il Polverificio” di Forte dei Marmi. 


“Antonio Barberi si colloca da anni tra i più interessanti pittori versiliesi - Scrive Raffaele de Grada:

“…Cresciuto in un ambiente fervido, sostenuto dall’aiuto critico di pittori come Ernesto Treccani, Giuseppe Migneco, Antonio Bueno, Barberi si è fatto poco a poco, senza mai strafare…

Il suo mondo è semplice, è quello dell’annotazione quotidiana…

Sarebbe stato facile per Barberi mettersi a ruota degli artisti importanti che frequentano Forte di Marmi invece ha scelto la strada più difficile trovando il suo posto nell’ambito di quella pittura di annotazione cromatica di una cosa vista e ripensata.”


Ma Antonio Barberi non riesce a essere pittore e basta. 

“Ho pitturato per anni. A un certo punto sono stato assalito dall’angoscia: la pittura è disciplina, è un lavoro, richiede un impegno quotidiano di sette, otto ore, ma per me è soprattutto divertimento.
Sono sempre stato molto curioso. E la curiosità mi ha portato a voler conoscere xilografia, ceramica, bronzo, vetri, case. Mi manca il ricamo e poi ho fatto tutto… Mi veniva voglia di sperimentare la ceramica, e subito dopo mi tornava la voglia di fare quadri.”

Osservando Maccari, Barberi si appassiona alla xilografia:

“All’inizio mi sembrava una cosa da matti, bisognava incidere più tavolette per i diversi colori. Poi, venni travolto dalla passione.
Ho inciso più di 500 tavolette. E poi la serigrafia, ma non la serigrafia da immagine: facevo il primo disegno in nero e poi
sopra con la carta trasparente le altre macchie in modo che
diventava composizione. Poi la litografia, l’acquaforte, l’acquatinta, la cera molle…”.

Litografia Antonio Barberi

Con la ceramica Barberi rimane fedele al linguaggio figurativo fiabesco: dalle sue mani nascono animali favolosi, onirici, multicolori.

Gufo in vetro di Antonio Barberi

“Nell’80 sono andato con Treccani a Savona per ritirare i suoi vetri. Quelli della vetreria mi hanno detto: ‘Perché non fa un vetro per noi?’ Mi sono entusiasmato. Non vedevo l’ora di rimettermi in discussione con una nuova tecnica. Così io facevo le forme sulla carta e loro tagliavano il vetro, un gatto, una donna che ho ancora.
Poi ho cominciato a tagliarli da solo. Sono andato a cercare bottiglie, mosaici, ho preso un mortaio per triturare il vetro, ho fatto colori quasi in polvere e li ho sparsi sugli oggetti. Nel ’90 ho iniziato a fare i bronzi, prima partendo dalla ceramica poi con la tecnica della cera persa… All’inizio era un’impresa incredibile poi ho imparato.

E dalla cera persa è nata l’idea di fare gioielli”.

Antonio Barberi collana

E tornano alla mente le parole di Tirinnanzi scritte per il primo catalogo di Barberi:

“Antonio si è accinto al suo lavoro con il caparbio fervore di certi fanciulli che una volta, piovutogli tra le mani un meccano, ne vogliano ricavare mille meraviglie.”


Non sapeva Tirinnanzi che il pittore avrebbe abbandonato la tecnica del mosaico nella pittura ma si sarebbe circondato di un mondo altrettanto fantastico costruito con le mille tessere dei suoi lavori grazie a quel dono particolare che fa di Barberi un “artista d’eccezione”, un artista che nella sua opera mette quello che ha dentro e basta, per questo motivo non inscrivibile in nessuna tradizione.


Ma è la pittura a rimanere la vera passione di Barberi. Dipingere senza pensare al “mercato”, ai prezzi e alle quotazioni. Barberi ha voglia di mettere in mostra le sue opere per avere un’opinione, per confrontarsi con le reazioni di chi le vede, per ritrovare l’atmosfera di scambio dell’Ombrello Verde.


Nel 1980 un catalogo raccoglie tutta la sua produzione a partire da “Pastore sardo” (una delle prime tele), quadro a mosaico del 1960, per arrivare alle ultime. 


La presentazione è di Raffaele De Grada:

“Barberi è riuscito a conservare una sua ingenuità, quasi infantile, che attrae per i valori semplici, prettamente pittorici… 

A Barberi non interessa l’oggetto in sé…

una volta che ha disegnato una sedia, uno sgabello, un ombrello o anche una figura, soprattutto femminile, Barberi ne esalta gli elementi della visione pittorica sacrificando alla bellezza del colore anche una parte della leggibilità dell’opera… 

la sua capacità di colorista, la qualità preziosa del suo impasto potrebbe portarlo a commercializzare la sua pittura ma egli si trattiene per quel gusto della scoperta che gli fa conservare il suo carattere più bello che è quello di una sensibilità che ricorda il gusto infantile…”. 


Le parole di De Grada fa riapparire la figura del Barberi anima dell’Ombrello Verde, l’“amico” dei pittori, l’amante dell’arte per l’arte.



Finita l’esperienza dell’Ombrello Verde, ho trovato un grande spazio al Forte ed è nato il “Quarto Platano” come omaggio ai grandi artisti che si erano ritrovati al Caffè Roma, ma non c’era un gran fermento... Allora ho continuato a collaborare con chi me lo chiedeva.

Con Vagli per “Presenze” a Montignoso, con l’Azienda di Turismo di Marina di Massa.

Ancora oggi sogno di trasformare la mia casa di Pietrasanta in un circolo culturale, chissà! Ultimamente la pittura è andata verso un commercio spietato, io avevo la passione per qualcosa di più ‘spirituale’, sognavo un gallerista che ti apprezza, viene nel tuo studio, si sceglie i quadri, invece…“.

“Nel 1982 il Museo di Arte Moderna di Agrigento gli acquista l’opera “Marta”. Nel 1983, in occasione del Premio Letterario Camaiore, Barberi realizza 6 xilografie a 5 colori che prendono spunto dalle 5 poesie che si contendono la vittoria. Tra i partecipanti, Dario Bellezza e Alberto Bevilacqua.


Forte dei Marmi lo chiama per realizzare 30 opere per il settantesimo anniversario del Comune, altrettante ne realizzerà per il Museo Etnografico Apuano.


Nel 1984 è a Londra. Sfogliando la rivista “London Portrait Magazine” si trova un reportage fotografico intitolotato “On the Town”. Ci sono Lady Diana e Carlo, principi e principesse a feste e inaugurazioni e… Antonio Barberi. La didascalia recita:
Antonio Barberi all’inaugurazione della sua prima mostra a Londra presso la galleria ‘Miro and Spizman’”.


Negli anni successivi è a Pisa, Parma, La Spezia, Milano, Roma, Siena, per sbarcare negli Stati Uniti, nel 1999 a Newport e nel 2000 a Paxton. A Newport è alla “Theodore Thiansky Fine Art Gallery”.


Si legge nel catalogo:

“I dipinti di Barberi non illustrano ma creano reazione ed emozione… I suoi dipinti sembrano infusi di musica e poesia…

Non limitato unicamente alla pittura, il vortice di energia creativa ed artistica si realizza con lo spirito che parla attraverso le sue mani, attraverso vari mezzi espressivi: vetro, ceramica, tessuti, mobili e gioielli diventano vivi…


Maestro dello spazio Barberi lavora con architetti, le sue ornamentazioni adornano molte ville e alcuni spazi pubblici in Italia. È sufficiente entrare in una sua stanza decorata dal pavimento al soffitto con il suo lavoro per rendersi conto della sua genialità…” 

E per caso nasce il pittore delle case…

“Era il 1965, avevo una casetta ma soldi non ce n’erano. Allora mi sono detto: se il tavolo è brutto lo dipingo e lo trasformo. Così iniziai con i mobili: li dipingevo, studiavo le tecniche…
Nel 1970 ho comprato per pochi soldi la casa di Strinato, un rustico, e ho iniziato le decorazioni interne ed esterne. A un certo punto ho temuto di averla rovinata e l’ho mostrata all’architetto Lera, un amico. Mi ha detto: ‘Non avere paura, fai quello che senti’. Allora mi sono messo a dipingere. Ho sperimentato: cemento patinato, vasche in cemento, vasche in legno, piastrelle dipinte. E le foto della casa sono state pubblicate da AD con mia grande felicità. Qualche anno dopo, ho avuto l’occasione di acquistare la casa di Pietrasanta e ho ricominciato a decorare: a quel punto avevo preso coraggio… Poi sono arrivate le richieste dei privati per decorare le loro dimore: a Cortina, Viareggio, Camaiore, Massa, in Francia, America e a Capo Verde.”

L’avventura artistica di Antonio Barberi è in continua evoluzione e ciò nondimeno, l’ingenua purezza della sua espressione non si lascia spiazzare né dal tempo, nè dalla padronanza delle tecniche, conservando la sua natura “fanciullesca” e senza limiti.

Roberto Spinetta